“Tutti gli ingredienti necessari a farne il libro del momento”, La Lettura, Corriere della Sera

Rosanna Rubino impasta migrazioni, crisi economica e tensioni sociali sullo sfondo di Milano. Il Sesto Giorno di Rosanna Rubino è un romanzo che può piacere sia per la trama ben congegnata, che alla fine sfocia nel noir, sia per la coerenza di tono. Al secondo fattore più che al primo si deve la creazione di un ambiente di moderate tensioni in cui il lettore si accomoda, come in certi gialli svedesi, anche se qui le tinte prevalenti sono di una Milano cupamente pulviscolare. L’atmosfera dipende anche dalla collocazione temporale sospesa, in un presente parallelo al nostro ma non troppo distante, o in un “futuribile prossimo” con vaghe sfumature distopiche, inquietanti ma non al punto da suscitarne allarme.

Al di là del vetro infrangibile costruito per il comfort del lettore, le cose possono però essere rappresentate in modo anche esasperato, estremo: il cielo, per esempio, non diventa più chiaro ma “meno nero”; il vento “picchia duro”; la pioggia “bombarda” i finestrini. Confermando ciò che scriveva Daniele Giglioli in Senza Trauma (Quodlibet 2011), certa nuova narrativa italiana si rivela tanto più violenta nelle forme quanto più anestetizzato è il suo rapporto col reale.

Protagonista del Sesto Giorno è Ronnie, un rifugiato del Niger, scampato all’annegamento, arrivato in Italia a 12 anni e qui accolto in una casa famiglia; 23 anni dopo è uno degli uomini più influenti al mondo, grazie all’invenzione di una piattaforma web per la condivisione di file audio. Privo di sentimenti e di debolezze, determinato a vincere, convinto che la natura conti più della cultura, Ronnie non è solo un self made man, ma una particolare incarnazione di questo mito capitalista. A volte, più che il protagonista di un romanzo, sembra un testimonial della Nike, conforme per ideologia al runner solitario che negli spot degli anni Novanta correva contro tutto e tutti, anche contro se stesso, pur di arrivare all’obiettivo.

Del resto Ronnie è anche un runner, e non per niente l’autrice è un’esperta di marketing e comunicazione. Il tempo del romanzo scorre come un contor alla rovescia dei sei giorni che separano Ronnie dall’attesissima quotazione in borsa della sua azienda. Ma diverse altre tensioni – interiori, relazionali e politiche- vengono fatte crescere e convergere nel flusso principale, in attesa di uno scioglimento multiplo: l’insonnia cronica di Ronnie, la scoperta di una malattia, la sua scioccante presa di coscienza dei sentimenti e dell’insensatezza del successo, l’anticapitalistica “protesta dei porcelli” che infiamma Milano, il traffico mostruoso che quasi annuncia la fine del mondo.

L’impero blindato di Ronnie tende all’implosione, ed è proprio Ronnie a introdurre nel suo mondo la miccia che lo farà crollare. Migrazioni, crisi economica, tensioni sociali, dominio del web e della finanza, dramma personale, estraneità alla vita e un pizzico di noir: nell’equilibrato impasto del suo romanzo Rosanna Rubino versa tutti gli ingredienti necessari a farne il libro del momento. Il prodotto editoriale è senz’altro ben riuscito. Resta il dubbio se a un romanzo come questo non si debba chiedere una più incisiva penetrazione critica della realtà.

Matteo Giancotti
La Lettura, Corriere della Sera
26 marzo 2016

“Una ferocia che definirei hogarthiana”, Il Mattino di Napoli

Rubino e l’Italia multietnica tra naufragi e crisi economica.

Ronnie Rosso è l’inventore e il gran capo di Talentik, piattaforma digitale di audio sharing che ha sede centrale e Milano e può competere con i giganti della Silicon Valley. Lui è un “mezzo negro”: forse ha avuto un padre bianco, di sicuro è stato un piccolo orfano in uno sperduto villaggio cristiano del Niger che, nei primi anni ‘90, è stato dato alle fiamme dai fondamentalisti islamici. Oggi, mentre in tutta Italia, in un’atmosfera da ultima spiaggia, infuria la “protesta dei porcelli” contro Governo, Bce, Ue e centrali finanziarie internazionali, è ritenuto la più fondata delle residue speranze che il paese ha di salvarsi, e addirittura l’”Economist” ha fatto una copertina in cui si vede una barchetta con la forma dell’Italia che sta affondando, e mentre a prua il primo ministro e il presidente della Bce guardano avanti come se niente fosse, Ronnie è l’unico a cercare di svuotarla con un secchio. Sarà che di traversate su barconi e di tragici naufragi Ronnie se ne intende: a suo tempo, infatti, è arrivato dalla Libia in quel modo; ha avuto la costanza di fare il morto in mare finché il braccio di un soccorritore non l’ha tirato su portandolo poi a Lampedusa. Poi ha avuto successo: ha avuto idee pioneristiche, ha trovato un avvocato per mettere su una società capace di veicolarle, e ha accumulato una gigantesca fortuna.

Il Sesto Giorno della napoletana Rosanna Rubino è il romanzo che racconta la sua storia, concentrandosi sui sei giorni che precedono la quotazione in borsa di Talentik. Sei giorni cruciali in cui Ronnie incontrerà un giornalista free lance spiantato cui darà accesso a tutte le più confidenziali informazioni sul proprio conto, ritroverà (in un club per scambisti) la figlia della sua maestra nel villaggio sub-sahariano d’origine, e soprattutto deciderà di chiudere i conti col suo passato su cui grava una terribile macchia.
Rubino, architetto specializzato in marketing e comunicazione, esordiente nel 2013 col romanzo Tony Tormenta, costruisce un racconto in cui confluiscono alcuni degli elementi più vistosi della nostra contemporaneità: la società multietnica, la finanza, la crisi sociale, in una Milano percorsa da fremiti di rivolta, scossa da esplosioni di bombe, e dove tuttavia non cessano di avere luogo certe ritualità modaiole, vedi ricevimento di Villa Necchi Campiglio organizzato da Fao e ministero degli esteri per promuovere la diffusione di fonti alimentari alternative, durante il quale rappresentanti della migliore intellighenzia, modelle, industriali, banchieri, ecc. sgranocchiano sauté di coleotteri, fette di alligatore, insalate di locuste fritte mentre smanettano sui palmari per aggiornarsi su quello che intanto succede dalle parti di Porta Venezia dove sono in corso disordini.

Si vuol dire che Rubino costruisce il suo romanzo con dovizia di molti e vari elementi, sicuramente con più generosità di quanta normalmente siano capaci gli autori di gialli –categoria cui pure Il Sesto Giorno in qualche modo appartiene. Coi suoi personaggi per lo più senza nome (si chiamano infatti “Avvocato”, oppure “Dottore”, o anche “Ragazzo”), e con una sua speciali ferocia che definirei hogarthiana (pensando allo sguardo satirico di Hogarth sulla Londra del Settecento), Rubino confeziona l’affresco di una società e dei suoi possibili protagonisti in un futuro imminente. E tutt’altro che rassicurante.

Francesco Durante