“La scalata al successo di chi parte dal niente”, Albatros

Eroi metropolitani. Col “Sesto Giorno”Rosanna Rubino ci racconta la sua Milano e la scalata al successo di chi parte dal niente.

Ci sono scrittori che ce l’hanno dentro la passione per la scrittura e questa li contagia fino a renderli dei veri e propri mezzi per esprimere concetti difficili da spiegare, per raccontare di sentimenti intimi, sfruttare appieno l’immaginazione pura, per esorcizzare delle paure e magari farsi portavoce di verità complesse da accettare. Sono sognatori, pragmatici, disincantati ma capaci di trasportarti nella realtà che loro stessi hanno creato. Questo è il caso di Rosanna Rubino, napoletana di nascita e milanese d’adozione con il suo secondo romanzo edito da Fazi (DarkSide) dal titolo “Il sesto giorno”. Un mondo schietto il suo, poco convenzionale, a tratti freddo ma saturo di caparbietà, dove non si teme di affrontare la vita a muso duro.

Come nasce la vicenda di Ronnie?
“Ho sempre pensato che il ‘successo’ di un uomo non si misuri mai al punto di arrivo, ma sulla distanza tra il punto di arrivo e quello di partenza. Volevo scrivere una storia in cui quella distanza fosse la massima possibile.”

Nasci come scrittrice di “urban fantasy”’, ora un noir. Cosa ti ha condotto verso questa scelta?
“In realtà quando ho scritto il primo libro non intendevo scrivere un urban fantasy, né questa volta un noir. Non era mia intenzione stare dentro una categoria definita. A dirla tutta i miei romanzi sono degli oggetti un po’ strani, un mix di generi. Io scrivo in forma di libro i film che mi piacerebbe vedere sul grande schermo. E io vedo di tutto, thriller, fantasy, noir, dipende dallo stato d’animo. Magari il prossimo libro sarà una commedia sentimentale.”

Credi che il paragone con il precedente romanzo sia inevitabile?
“Sono due storie che hanno una temperatura molto diversa. Il primo, Tony Tormenta (Fanucci Ed., 2013), è un romanzo dai toni caldi, tanta azione, atmosfere cupe. ‘Il sesto giorno’, invece, è un libro freddo, dal passo lento, attraversato da una tensione latente che percorre tutto il testo dall’inizio alla fine. Li accumuna la presenza al centro della scena di un protagonista maschile che ha le caratteristiche di un uomo straordinario, nel senso di extra-ordinario, al di fuori del comune.”

Perché hai deciso di ambientare la tua storia a Milano?
“Perché avevo voglia di raccontare di luoghi che mi appartengono. Io vivo lì, cammino tra i grattacieli che Ronnie sorvola col suo elicottero, sono stata in ogni via, club, location dove Ronnie va in quei cinque giorni della sua vita!”

Quanta ricerca è stata necessaria per includere nella narrazione tanta attualità?
“Per scrivere un libro di 250 pagine impiego almeno un anno e mezzo: sei mesi di ricerca, tra definizione della sinossi, analisi dei luoghi e recupero di tutte le informazioni necessarie alla storia, e un anno di scrittura, poi riscrittura, e ancora riscrittura.”

Secondo te i libri devono far riflettere o far sognare?
“I libri devono farti desiderare di saltare nella storia e diventare amico del protagonista, per abbracciarlo forte o prenderlo a pugni, magari fargli un sacco di domande, dissuaderlo a commettere azioni sbagliate o spingerlo a fare quelle giuste!”

Quanto la scrittura deve essere istintività e quanto una ricerca a tavolino?
“Il nucleo della storia è tutto pancia e cuore, viene dal caos che hai dentro, si nutre di lampi e visioni. Poi arriva la testa a mettere ordine nel guazzabuglio iniziale. E allora cominci a costruire i personaggi, creare lo storyboard, dare struttura alla messa in scena. Ed è un’operazione razionale, quello che si chiama tecnica o mestiere.”

Hai scelto di non dare dei veri e propri nomi a molti personaggi del romanzo se non per qualche eccezione, perché?
“Perché per Ronnie quasi non hanno la dignità di persona, li indentifica con la funzione che svolgono, li guarda da lontano associandoli a creature bestiali. Gli unici due personaggi che vengono indicati con un nome proprio sono Anna e Mirjam, figure legate alla sua infanzia.”

Perché Ronnie non sente di stringere dei veri legami con chi ha intorno… E’ forse un riflesso di quello che è oggi la nostra società?
“Ronnie è l’uomo solo per eccellenza. Distante da tutto, non si mischia alla vita ma resta a osservarla da lontano, dall’alto del suo attico al centro di Milano. Ronnie non è dentro la società, se ne tiene al di fuori, nonostante utilizzi tutte le opportunità che questa offre a proprio esclusivo vantaggio.”

Ariana e Selena Mannella